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Michele Di Salvo
27 Mar

Erdogan e il web in Turchia

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Turchia, Erdogan, censura, web, socialnetwork, twitter, facebook, giovani, informazione

Erdogan e il web in Turchia

Cosa sta succedendo nella rete turca? Sarebbe piu' appropriato chiedersi cosa sta avvenendo nella società turca per comprendere azioni, riflessi, implicazioni e risposte tra Governo - o meglio Erdogan - e popolazione civile. Un popolo, quello turco, in cui, tra le tante contraddizioni - e ricchezza - rappresentate da almeno dieci religioni e ventidue etnie e minoranze, si vive ormai da anni una spaventosa dicotomia tra l'eta' media di chi governa - 57 anni - e popolazione governata, al 50% sotto i 26 anni; una classe dirigente figlia del boom degli anni ottanta, con una scolarizzazione media minima, e una popolazione giovane mediamente laureata. Una societa' entrata in crisi quando il sistema della produzione di media qualita' a bassi salari non e' piu' stata sufficiente ad assicurare l'equilibrio economico e la pace sociale. Con la tecnologia, l'istruzione, la rete, la formazione all'estero dei giovani, sono esplose le tensioni tra nuove proposte e prospettive e l'incapacita' di introdurre vere riforme sociali.
Se non partiamo da questo, e limitiamo la nostra conoscenza a Istanbul - in se' caso e modello unico, ed eccezione interna anche in Turchia - e non consideriamo le continue tensioni tra un modello di Stato laico e le continue tensioni verso un modello di tipo religioso (minoritario ma estremista quando non settario) - appare davvero difficile comprendere la fobia, quando non vero e proprio terrore, verso la rete, internet, il web, da parte del Governo.
Una guerra tipica di chi, appare evidente, semplicemente "chiude quello che non comprende" e che quindi non sa gestire. Una guerra intrapresa qualche anno fa, con la legge sulle telecomunicazioni digitali che consentiva ad un atto amministrativo di polizia, sottoscritto da un qualsiasi tribunale (senza competenza territoriale) di chiudere qualsiasi sito, blog, pagina web, a semplice istanza della persona, ente, amministrazione lo ritenesse "lesivo dei valori e dell'onore della nazione turca", e per unasentenza recente estensiva "anche del governo". In pratica da cinque anni e' praticamente inaccessibile wordpress, non solo singoli blog ne' solo di cittadini turchi, ma qualsiasi contenuto. A seguire e' stata la volta di YouTube e la limitazione di alcuni servizi google.
Tutto questo almeno sino alle proteste di GeziPark quando le informazioni verso l'estero vennero veicolate tramite i socialnetwork, in particolare per la sua immediatezza attraverso Twitter. Anche qui c'e' stata una nuova "interpretazione estensiva della legge" secondo cui "pubblicare foto degli scontri equivaleva a diffamare il governo". Quello che nemmeno era previsto pero' in quella sentenza era la successiva "caccia all'uomo" in tutta la Turchia, con giovani arrestati per un twitt ed agenti che setacciavano la rete schedando i profili e cercando le persone dietro un nickname.
La "terribile minaccia" ha spinto Erdogan a intraprendere una sua personale vera e propria crociata contro il concetto stesso di social network, strumento a suo dire attraverso cui forze estere, eversive, estremiste, quando non addirittura terroriste, usavano "lo strumento" per destabilizzare il Paese.
Il governo ha cominciato con un decreto esecutivo - che nell'ordinamento giuridico Turco non esiste, ma lo ha inteso come "integrazione regolamentare" della legge sulle telecomunicazioni - che imponeva ai provider di "filtrare e rendere inaccessibili" ai propri clienti tutte le pagine contenenti una lista di 180 parole (diventate in tre mesi 310)! I provider hanno provato a spiegare che la cosa in se' era complessa e costosa, oltre all'inezia che "non e' il loro ruolo e lavoro", ma pena la revoca delle autorizzazioni hanno ricevuto 5000euro e 60giorni di tempo per applicare i filtri materiali ai loro server.
Non contento di questa limitazione, il nuovo "decreto progressivo" stabilisce che entro il 30 marzo qualsiasi social network diventera' inaccessibile in Turchia.
Che tu sia politico, giornalista o studente, impresa o privato cittadino, ma anche cittadino straniero in vacanza o per lavoro, nessuno potra' accedere nemmeno a Facebook per riceve posta e restare in contatto con i propri amici, colleghi, parenti.
Ovviamente per primo e' toccato a Twitter, che nell'ultimo anno e' pericolosamente passato da 380mila a 2milioni di profili registrati tra la popolazione governata da Erdogan.
La rete, manco a dirlo, si e' scatenata, alla ricerca di soluzioni alternative, sia ufficiali che attiviste, perche' l'accesso al web, la sua limitazione, non e' piu' una questione locale, nazionale, regionale o territoriale, ma riguarda l'ecosistema delle comunicazioni globali. Oltre al pericoloso studente reo di protestare contro l'abbattimento degli alberi di Gezi, il web e i social sono strumenti di comunicazione sociale, aziendale, relazionale. Il solo paese che e' completamente fuori da internet e' la Corea del Nord, che in qualche modo e' anche "fuori dal mondo". Anche la Cina, unico paese con una sua rete, tra mille filtri e limitazioni, di fatto consente una limitata osmosi, consapevole della indispensabilita' dello strumento, vivendolo spesso come male necessario, e nondimeno avendo affinato un sistema di gestione interno che facilita il controllo e sfruttando i rischi della rete a favore di regime.
Superando anche Putin in termini di restrizioni interne Erdogan si candida a divenire leader della cerchia ristrettissima dei governanti che "il web non capiscono e quindi e' il male". E questo in danno, grave, all'intero paese che amministra, alla societa', alle relazioni internazionali, alle imprese ed all'economia.
Non e' ancora chiaro se e quali e quanti filtri "meccanici" Erdogan vorra' mettere sulla rete turca, di certo il tipo di intervento che immagina dovra' avvenire, per essere radicale ed efficace, anche sulle dorsali, quelle autostrade digitali che come gasdotti trasportano le informazioni sul web. Il problema, per tutti, e' che dal Bosforo, come le petroliere, passano anche 6 delle 12 dorsali che collegano in rete l'Europa con tutti i paesi del marmorto e del marcaspio per ricongiungersi a nord in Russia e a est in India. Interventi meccanici non dichiarati ma estremamente prevedibili visto che il web ormai offre molte soluzioni per bypassare le limitazioni software dei provider, mascherare le connessioni, superare i divieti.
Ed Erdogan dovrebbe imparare che chiudere ancor piu' una pentola a pressione gia' al limite non e' ne' saggio ne' utile. Glielo possono spiegare anche le massaie.

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