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Michele Di Salvo
03 Apr

Dai cellulari al 3D verso il web 3.0

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  web, internet, Google, facebook, Oculus, Ara, giovani, socialnetwork

Dai cellulari al 3D verso il web 3.0

La partita ormai si gioca a due, almeno in occidente, e la gara è a chi definirà "cosa sarà il web 3.0".
Il Web 2.0 è un'espressione utilizzata per indicare uno stato dell'evoluzione del World Wide Web, rispetto a una condizione precedente. Si indica come Web 2.0 l'insieme di tutte quelleapplicazioni online che permettono un elevato livello di interazione tra il sito web e l'utente come i blog, i forum, le chat, i wiki, le piattaforme di condivisione di media sino ai social network.

La definizione di Web 3.0 non è ancora chiara, ma per linee generali l'orientamento è quello di prevedere una interazione "tattile" nel processi di rete. I percorsi sono almeno tre. Quello delle stampanti 3D, capaci di realizzare oggetti e non più solo loro rappresentazioni, quello delle applicazioni hardware touch, come ad esempio i comuni tablet, e infine quello delle "realtà virtuali".
I due player a livello globale sono Google, che ha sviluppato la tecnologia delle stampanti 3D, la piattaforma Android per le app, e i GoogleGlass, che dal 2015 avranno il design madeinItaly con la partnership di LuxOttica, attraverso i quali si potrà interagire con la posta, il navidatore e alcune pagine web.
Da oggi si consolida come temibile antagonista Facebook, che dopo aver comprato WhatsApp con l'intento di lanciare un canale di telecomunicazione vocale, oltre che di messaggistica, del tutto simile a Skype (che voleva acquisire qualche anno fa, battuto da Microsoft), adesso ha acquisito Oculus, per 2miliardi di dollari, ovvero 400milioni in contanti e 23,1 milioni di azioni che, al valore attuale (circa 65 dollari per azione), valgono poco più di 1,5 miliardi di dollari.

“I dispositivi mobili sono la piattaforma del presente, con questo acquisto siamo pronti anche per la piattaforma del futuro”, ha dichiarato Zuckerberg.
Oculus ha da poco presentato il suo ultimo prototipo, Crystal Cove, che al Consumer Electronic Show di Las Vegas si è portato a casa il premio come miglior innovazione della fiera. Oculus è un visore pensato soprattutto per i videogame, con uno schermo che disegna due immagini, una per occhio, per immergere completamente il giocatore nel mondo virtuale. Sensori e accelerometri riproducono il movimento della testa nell’ambiente di gioco, così per guardarci intorno non dovremo fare altre che muovere il capo, esattamente come facciamo nella realtà.

Secondo Zuckerberg: “Oculus ha le capacità di creare la piattaforma più sociale possibile, e cambiare il modo in cui lavoriamo, giochiamo e comunichiamo”. Come hanno dichiarato i fondatori di Oculus sul sito ufficiale della società: “Quando abbiamo iniziato Oculus, abbiamo sempre pensato che i videogame fossero solo l’inizio. Il nostro obiettivo era quello di rendere la realtà virtuale un qualcosa di accessibile a tutti”. Non è difficile immaginare Oculus come un "ponte" digitale verso una realtà virtuale social, una sorta di vera e propria "Second Life" come già immaginata da altri. Solo molto, molto più immersiva e dettagliata. “Con Facebook abbiamo iniziato ad avere contatti diversi mesi fa, e loro condivido questa nostra visione. Con loro sarà più facile raggiungere i nostri target”.
L'idea di un web navigabile da una realtà virtuale "immersiva" apre scenari decisamente rivoluzionari: un utente completamente "dentro" la rete con ogni "senso" non solo velocizza qualsiasi attività, ma rende addirittura possibile un intero mondo di applicazioni e finzioni sino a ieri inimmaginabili.
Sullo stesso fronte di facebook si stanno muovendo anche Sony e Microsoft, intenzionati a diventare un terzo polo costruendo una propria alternativa che non sia necessariamente legata e dipendete dall'avere un profilo su Facebook.

Sull'altro fronte Google vuole rivoluzionare la telefonia. Ci aveva provato acquistando Motorola, poi rivenduta, ma intende mettere a frutto il potenziale dei brevetti che si è tenuto, e soprattutto dando una direzione precisa alla piattaforma Android di cui è proprietario. Quella che era una idea, mutuata applicando ai telefonini il principio del “personal computer assemblato” è diventata realtà in meno di due anni di sviluppo. L'anno scorso Dave Hakkens, un designer industriale olandese ha lanciato la sua idea di uno smartphone fatto di blocchi. Rapidamente la sua idea ha raggiunto una viralità impressionante: 979,260 supporters, 381,772,413 interazioni social, 518,385 social followers e il suo video in cui spiegava la sua idea in circa 4 minuti ha raggiunto 21,313,422 di visualizzazioni su youtube.

Numero che sono stati più di un valido biglietto da visita per Google. Ora Hakkens collabora al progetto denominato ARA e il suo sito dedicato Phonebloks è diventato il centro di raccolta di idee e suggerimenti di tecnici o appassionati di tutto il mondo.
L'idea è tanto semplice quanto rivoluzionaria: un cellulare fatto da più blocchi venduti singolarmente - batteria, fotocamera, display, altoparlanti, antenna etc. - e dunque estremamente personalizzabile. L'obbiettivo dell'ATAP, il gruppo di Big G che si dedica ai "progetti di tecnologia avanzata", è quello di sviluppare una “base” di varie dimensioni (mini, medio e "jumbo") che tenga insieme i vari "moduli" ideati e venduti da sviluppatori e aziende third-party.

Nasce così il progetto ARA, la cui prima conferenza riservata agli sviluppatori si terrà il 14 e il 15 aprile 2014 presso il Computer History Museum di Mountain View, in California. Google rivela: "Il nostro primo smartphone componibile sarà in commercio entro il primo quadrimestre del 2015". La "base" – chiamata "grayphone" - costerà appena 50 dollari, circa 35 euro.
Nulla più che un case, una scocca di alluminio provvista di circuiti e di un applicativo iniziale che permettano l'assemblaggio dello smartphone vero e proprio utilizzando blocchi prodotti sia da Big G sia da terze parti. La "costruzione" sarà ovviamente alla portata di tutti e non richiederà competenze tecniche. Lo spessore finale, dato dall'unione dei vari moduli, dovrebbe essere contenuto entro i 10 mm.

Il futuro che ne deriva per il mercato degli smartphone, dunque, si ispira a quello delle app che hanno rivoluzionato il mondo del software. Non più 4 o 5 grandi aziende che monopolizzano la produzione e le vendite, ma un vero e proprio esercito di produttori che propone "pezzi" ad hoc.

I consumatori, ma anche l'ambiente, ci guadagnerebbero: invece di cambiare il proprio cellulare inseguendo la moda si potrebbe sostituire il singolo componente “obsoleto”. Come spiega hakkens nel suo video, i patiti della fotografia, per esempio, potrebbero aumentare i megapixel a loro disposizione cambiando solo la fotocamera. Gli amanti della musica potrebbero scegliere altoparlanti più potenti. E chi invece è interessato soltanto alla durata della batteria potrebbe montarne addirittura due, magari rinunciando a un'altra caratteristica inutilizzata.
Un cellulare in cui sarà possibile sostituire solo il componente difettoso o danneggiato, senza perdere dati o trasferire informazioni e senza centri di assistenza. Ma anche un telefono adattabile ad esigenze diverse, che possono cambiare nel tempo, ad esempio con caratteristiche più utili in viaggio o in vacanza ed altre più specifiche per il periodo di lavoro.

Il target non è una stretta cerchia di utenti maniaci di tecnologia ma, secondo Mountain View - si legge sulla pagina ufficiale del progetto, tra le primissime righe - oltre 5 miliardi di persone. Vale a dire la popolazione mondiale ancora sprovvista di smartphone. Il prototipo ARA, super economico e componibile a prezzi concorrenziali, si propone infatti come il device perfetto per i paesi in via di sviluppo e la sua personalizzabilità estrema lo rende tecnicamente adatto a tutti ed a tutte le esigenze. Una rivoluzione soprattutto per le aziende produttrici di hardware: sino a ieri vincolate ai destini, ai progetti ed ai prezzi imposti da pochi produttori, potranno specializzarsi nella produzione libera e diretta anche di semplici componenti da proporre direttamente sul mercato, affrontando la sfida sul piano dei prezzi, della specializzazione e soprattutto della qualità.

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