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Michele Di Salvo
03 Jan

Marco e Beppe, il Patto Quotidiano

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  m5s, Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, giornalismo, giornali, libertà, stampa

Marco e Beppe, il Patto Quotidiano

A guardar bene c’è un sottile filo che lega gli attacchi di Grillo e quelli di Travaglio a l’Unità.
Un filo di cui abbiamo parlato a proposito del network ambientale che legava il blog del comico genovese e il quotidiano di Travaglio e la sua strutturazione web.
Oggi è un filo che emerge anche dai bilanci del Fatto Quotidiano. A pagina 38 si legge con chiarezza che “il profilo socio politico [dei lettori ndr] segnala un forte rafforzamento dei simpatizzanti del Movimento 5 Stelle”. A pagina 33 l’amministratore evidenzia come il calo annuale delle copie vendute sia del 28% ovvero circa 20mila: in un solo anno il giornale di Travaglio passa da 71mila copie vendute, a una media di 51mila per chiudere l’anno a 47mila. Ma la colpa è di Berlusconi! Si perché (è sempre l’amministratore che scrive) “la caduta di B. ha fatto calare tensione e interesse…”
Quando scrivemmo di una comune linea di comunicazione che creava di fatto un “network ambientale” il giornale di Travaglio scelse la comicità, e come un altro comico non scese nel merito né replicò nella sostanza. Eppure la strategia descritta allora è la stessa che appare oggi: attaccare con commenti, link e post il sito e il giornale per drenarne lettori, per “doppiare” il pubblico affine. In questi giorni il blog di Grillo ha dato una lettura tutta sua del bilancio della Nie, ridicolizzando anche la relazione dell’amministratore. Stranamente non ha attaccato allo stesso modo alcun altro bilancio, nemmeno quando le stesse cose (come la crescita del web o la situazione macroeconomica) le hanno scritte tutti, anche il Fatto Quotidiano che a sua volta a stretto giro ha scritto fandonie a proposito de l’Unità, di cui evidentemente né al giornale né il ragionier Grillo sanno leggere i bilanci.
Oltre alle percentuali degli azionisti – che più che leggerle bastava copiarle e incollarle – quello che al giornale diretto da Padellaro proprio non devono digerire è che, nello stesso quadro macroeconomico, nello stesso scenario di difficoltà, nella stessa situazione di mercato dell’informazione, loro perdono il 30% delle copie vendute e l’Unità solo il 18%; numericamente loro ne perdono circa 24mila mentre l’Unità solo 7mila.
E già, sarà colpa di Berlusconi. E del fatto che, dicono, non prendono “alcun” contributo pubblico. Peccato che nessuno dei vari Travaglio, Padellaro, Colombo, che hanno lavorato e diretto l’Unità hanno detto una sola parola sul debito pregresso, quello che loro, da direttori, hanno lasciato e creato anche con un contributo doppio rispetto a quello attuale. Nemmeno ho visto nessuno di loro dire “la mia parte di stipendio pagato con i fondi del contributo pubblico la restituisco”. Ma il restitution-day non tocca Grillo ma i suoi parlamentari, e quindi anche al Fatto i giornalisti si sentono esenti.
Grillo e il Fatto hanno bisogno di “un nemico” con cui prendersela, pena il non vendere o il non esistere, hanno bisogno di creare manicheismi “o con noi o contro di noi” in un eterno scontro con l’unico scopo di esserne l’uno a capo e l’altro la voce giornalistica. Importa poco chi sia il nemico, e men che meno quale sia la proposta alternativa o la soluzione prospettata.
Il dubbio tuttavia che ancora una volta viene è che al Fatto qualcuno pensi che la via dell’aumento delle proprie vendite passi dalla chiusura di altre testate. Un’idea triste sia dell’editoria, sia dei lettori, che dell’informazione in generale. Non meno triste di chi sostiene che la libertà di critica e di espressione siano sacrosante, in pubblico e quando legittimano la propria opinione e critica, senza alcuna attenzione alla forma, e poi appellano come “deficiente” da censurare e mettere a tacere chi la critica la muove a loro.
Io mi auguro che nessun giornale chiuda, che il Fatto continui a vendere e che l’Unità torni a crescere in edicola. Perché un “sistema dell’informazione” è tale solo quando ci sono quante più voci libere tra cui scegliere.
E sono contento di scrivere su questo giornale, in cui mai nessuno mi ha censurato un articolo, in cui nessuno ha modificato una riga della sostanza dei contenuti ed in cui nessuno mi ha mai detto cosa potevo o non potevo scrivere sul mio blog, o ne ha preventivamente approvato il contenuto. Anzi, una volta chiamai Claudio Sardo perché volevo citare il caso del Roma, un quotidiano che era stato di centro-destra, e lui mi disse testualmente “sul tuo blog su l’Unità puoi fare ciò che vuoi”.
A me viene il dubbio, a leggere bilanci del Fatto e sondaggi del M5S in parallelo, che in realtà la colpa non sia di Berlusconi né della politica, ma del fatto che le persone sono stanche di massimalismi e manicheismi, spesso violenti nei toni nelle forme o in entrambi. E che alla fine, i voti come i lettori, siano direttamente proporzionali ai contenuti. Perché la vera indipendenza non è nel dichiarare di non avere una posizione, ma semmai nell’averla con chiarezza e trasparenza. Sempre che si sappia fare il tifo senza necessariamente essere ultras.

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Oggi Marco Travaglio scrive:
Un certo Michele Di Salvo, che abbiamo conosciuto nel backstage di Servizio Pubblico durante le primarie del Pd nella prestigiosa veste di assistente di Gianni Cuperlo, si esercita sull’Unità nella sua materia preferita: la fantascienza. Una volta che aveva mangiato pesante, il Di Salvo scrisse che il Fatto ha costruito un “network ambientale” con Grillo e Casaleggio editori occulti e s’è molto meravigliato che l’Antitrust non fosse ancora intervenuta a disperderlo con gli idranti. Ieri è tornato sul luogo del delirio con un pezzo dal titolo “Marco e Beppe: patto quotidiano”. E, anziché occuparsi dei nuovi mirabolanti azionisti del suo giornale, s’è inerpicato sul terreno per lui impervio del nostro bilancio deducendone “un calo strutturale delle vendite”: siamo spiacenti di deluderlo, ma è in ritardo di un anno: nel 2013 il nostro è un raro giornale in utile che, unico in Italia, ha aumentato le vendite rispetto al 2012 (per non parlare dei contatti unici del fatto quotidiano. it , terzo sito di giornale d’Italia) senza prendere un euro di denaro pubblico e senza rivolgersi agli amici di Lavitola. Nelle carte contabili il buontempone ha pure trovato la prova provata del “network ambientale” Travaglio-Grillo: diversi lettori del Fatto han votato 5Stelle. Come dire che, siccome diversi lettori del Fatto mangiano Nutella, il Fattoha un network ambientale con la Ferrero. Già che era in vena di balle, il Di Salvo ha poi aggiunto che il Fatto chiede “la chiusura di altre testate” come l’Unità. Naturalmente non abbiamo mai chiesto nulla del genere: ci si limita a battersi perché i giornali si reggano sui propri lettori e non vengano pagati con le tasse dei cittadini che non li comprano."

Questa la replica che troverete in edicola domani
Il giornale di Marco Travaglio si chiama “Fatto Quotidiano”. Nonostante lui per primo dia ampio risalto alle proprie personali opinioni, anche usando il plurale (maiestatis?), io cerco di restare sui fatti e di citare solo quelli – chiedendo anche le opportune rettifiche.
1. Il “certo” Michele Di Salvo non lo “hanno conosciuto”, ma lo “ha incontrato” il solo Marco Travaglio nel backstage di Servizio Pubblico: il fatto finisce lì. L’accostamento della mia persona a qualsiasi ruolo altro è mera speculazione, che comprendo possa essere fascinosa come complotti vari, scie chimiche e microchip, ma non corrisponde ad alcun fatto, men che meno vero. Invito Marco Travaglio a mostrarmi e dimostrare il contrario (e non per me, ma per rispetto di verità verso i suoi lettori).
2. Mai scritto che “il Fatto ha costruito un network ambientale” (ma non credo Travaglio sappia nemmeno cosa sia esattamente), mai detto che “Grillo e Casaleggio sono editori occulti” e mai meravigliato di alcuna omissione che lui mi attribuisce (né che io abbia auspicato) da parte dell’antitrust. Non meraviglia che un lettore si limiti a titoli e occhielli, meraviglia molto lo faccia un giornalista professionista di lunga esperienza, ma ne prendo atto. Prendo meno atto del fatto che sia lecito mi attribuisca sarcasticamente cose che non ho né detto né scritto.
3. Per quanto concerne i bilanci, mentre al Fatto potevano banalmente copincollare le percentuali corrette degli azionisti de l’Unità, io ho altrettanto semplicemente citato frasi e dati (indicandone anche il numero della pagina) a firma dell’amministratore del Fatto, in un’assemblea in cui per altro Travaglio risulta come membro del CdA anche presente e votante, e quindi ci si augura che le cose messe a verbale le abbia anche ascoltate, lette e comprese. Ma chiunque può scaricare l’ultimo bilancio depositato, prenderne visione e leggere le stesse cose.
4. Non ho mai scritto che “il fatto chiede la chiusura”, ma ho scritto che sarebbe triste se qualcuno pensasse di vendere di più sulla chiusura di altri. Ma forse il concetto è troppo complesso per qualcuno che si sforza di fare del sarcasmo a tutti i costi.
Da ultimo, e per precisare: la mia materia preferita non è la fantascienza, che molte volte ha per la verità anticipato le innovazioni tecnologiche, ma il web, la rete e la comunicazione. Che capisco bene che per Travaglio talvolta sembrino fantascienza.
p.s. Mai stato in vena di balle. Ma qualora lo fossi non credo raggiungerei mai il record di chi in poche righe riesce a collezionare tante imprecisioni e tanti “rimaneggiamenti pro domo sua” in poche frasi. Ma anche questo è evidentemente un talento. Non sono certo sia altrettanto definibile correttezza.

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I
Come al solito siamo alle prese con fatti, negazione di fatti, accuse e controaccuse. Il lettore medio che desidera informarsi e spera che esista ancora qualche giornale o qualche giornalista puro deve continuare a rimettete in discussione alcune verità che dava per acquisite. Mettere in bocca frasi o accomodarle a proprio uso e consumo è quanto di più scorretto possa fare un giornalista che intenda informare sulla realtà delle cose. Avevo trovato una fonte da leggere per riappropriarmi di una certa verità ma chi mi dice che quello che Di Salvo esplicita non sia altrettanto vero?<br /> Non siamo tutti giornalisti o persone che spulciano e &quot;sfrucugliano&quot; su tutto il fruibile &quot;masmediologico&quot; e quando leggi voci che ribaltano un certo andazzo che vorrebbe alcuni giornali esenti da errori e colpe come minimo gli dai credito non avendo noi comuni lettori il polso di quello che succede &quot;dietro le quinte&quot;.<br /> Una cosa è certa: pur di &quot;rubare&quot; copie molti si venderebbero la sorella e non fatico a credere che ci siano strategie occulte orchestrate per strappare lettori.<br /> Continuo a fidarmi di Gomez/Padellaro e company anche perché l'aver contribuito a rompere un sistema non può che rendermi contenta ma inventarsi parole dette per screditare un collega lo trovo molto sgradevole. Non è che qualcuno si è montato la testa?
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