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Michele Di Salvo
23 Jan

Caro Matteo

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  pd, partito democratico, Renzi, Cuperlo, Legge elettorale, Camera, Senato, primarie

Caro Matteo

Faccio subito una premessa. Mi tiro fuori dalle polemiche su modi, forme, dimissioni, lettere, battute e risposte e yottabyte di post scritti in questi giorni sulla conduzione del dibattito interno alla direzione (e non solo) del Partito Democratico.
Non mi appassiona, per questo non ci entro, e lo trovo poco utile, per questo mi limiterò a brevi considerazioni. La prima: è che nulla di tutto questo interessa davvero i cittadini, né (peggio) li avvicina alla partecipazione politica. La seconda: inseguire la facile e telegenica risposta attraverso battute ad effetto inizia e termina in 30 secondi di un tg, dopo resta il nulla che quella bella battuta lascia, e quindi per gli appassionati del genere “meglio twittare” (dura più di 30 secondi che tutti dimenticheranno). Poi data la mia concezione della politica fatta su twitter questa affermazione racchiude in sé tutto.
Non è necessario sempre e comunque parlare e dire la propria. Lo dico con affetto a chi oggi è segretario. Perché se l’idea è rappresentare “i quarantenni” sarebbe bene dare un’immagine più riflessiva e meno impulsiva. È vero, siamo figli della tv commerciale, e ci viene di indole una politica “di effetto ed efficace”, ma non siamo in campagna elettorale permanente, e non tutto ciò che viene detto “a favor di telecamera” è utile e necessario, anzi alle volte tacere è più pesante, ed altre aspettare è risolutivo. Come ho già detto, essere classe dirigente implica avere l’onere di essere inclusivi e unificanti. È un peso, sia chiaro. Meglio replicare, stare all’opposizione, essere liberi di dire e dissentire senza altre responsabilità di gestione. Significa avere grandi mal di pancia.
Queste cose le ho dette quando è stato “trattato male” Civati, nel partito e nel gruppo parlamentare, le ho dette quando si “sparava ai renziani” due anni fa, le ripeto oggi quando sono i renziani a essere ultras… purtroppo mi sa che continuerò a ripeterle.
Mi appassiona però che questo sia l’unico partito in cui nessuno caccia nessuno per dissenso, in cui nessuno è padrone di un simbolo, in cui anche il dibattito interno più acceso è aperto, e non tenuto segreto in un ufficio o in un blog. Non ci sono raccomandate di diffida, e in cui ci si presenta sempre alle elezioni, al confronto e giudizio dei cittadini. Senza che qualcuno scelga nome, simbolo, liste e decida cosa fare nei territori. e sinchè sarà così sarà una buona notizia per tutti.
Certo, che uno dica “prendere o lasciare tutto” senza considerare le ovvie prerogative parlamentari mi lascia perplesso, come mi lascia molto dubbioso una certa gestione della direzione.
E non mi piace affatto l’idea del “ho preso il 70% potevo dire ciao”, perché semplicemente non è vero, ed anche questa è una facile battuta che funziona in tv e non fa bene, anzi fa malissimo, al partito. Perché apre molti scenari, anche il “allora fai da solo, da oggi ci asteniamo tutti” e se perdi un solo voto alle europee, se perdi un solo europarlamentare, se non passa alla Camera o al Senato una tua proposta allora ti devi dimettere… perché è la prova che da solo non ce la fai, e non perché sei incapace, ma perché semplicemente e banalmente nessuno, e dico davvero nessuno, ce la fa da solo. Lo dico oggi, apertamente, così rompiamo definitivamente un meccanismo e un giochino che non fa bene al PD e fa anche più male al Paese.
Andiamo allora alla sostanza, quella vera, dell’interesse diffuso dei cittadini di questo Paese, che di certo non è se Gianni Cuperlo al Nazzareno non aveva nemmeno una stanza pur essendo il presidente del partito, e non è se è stato trattato peggio Cuperlo oggi o Civati ieri, né se fascistoide detto da qualcuno sia peggio o meglio di una caduta di stile e di sostanza tra presidente e segretario in direzione.
E allora “ti scrivo questa mia per venirti a dire…”

Caro Matteo
L’oggetto qual era? La legge elettorale e la riforma del Titolo V della Costituzione?
Diciamo qualche verità? Ogni tanto la verità non fa male, cominciamo a entrare in questa ottica.
Una vera “rivoluzione” che “cambi verso” al paese, e che sia “la volta buona” (tutte parole di Renzi, spesso hashtag!) deve avere coraggio. Il coraggio anche di dire di no ai propri, e a se stessi, ed a qualche convenienza.
Perché il dubbio viene, se scrivi un regolamento per cui “non possono essere candidati a segretario regionale i sindaci dei capoluoghi” mentre un sindaco di capoluogo può essere segretario nazionale.
Perché il dubbio viene se “primarie sempre, e primarie aperte” per tutti, anche incomprensibilmente per incarichi organizzativi di partito – come i segretari regionali appunto – e poi “non ha senso le primarie tra primo e secondo mandato di sindaco”, e quindi sottrai te stesso.

Qui nessuno dubita che nessuno nel pd avrebbe avuto l’idea idiota di candidare qualcuno alle primarie fiorentine contro Renzi, il punto è il precedente, che una volta che lo crei poi resta, e non sono così certo sia un bene. Una cosa è “l’uso” e la non opportunità, ben altra è farne regola che a qualcuno possa apparire ad personam.
Veniamo al tema preferenze: quelle non le vuole nessuno degli eletti, e nemmeno di quelli che vi aspirano, semmai puntando su carriere e relazioni di partito o per corrente e componente.
Ce lo possiamo dire, o è atto di lesa maestà, che i cittadini, in un paese democratico, hanno il diritto di scegliere i propri eletti? Ce lo possiamo dire che non possiamo considerare i cittadini responsabili del loro governo se non possono di fatto scegliere chi eleggere?
Qualcuno dice che il proporzionale secco genera “mostri”, ed è in parte vero. Ma nel mentre che quei mostri stanno nascendo, mi chiedo i partiti che ci stanno a fare, che selezione fanno, su cosa vigilano…
Ma esisterà pure una via di mezzo tra le scelte delle segreterie e il proporzionale. E non si vada a dire che “ci sono le parlamentarie” – che in assenza di liste elettorali mi si deve dire se le si fa tra soli iscritti, e poi perché, o aperte, e mi deve spiegare come si limitano i “fenomeni patologici”.

Perché qui stiamo facendo la legge elettorale dell’Italia, non una legge a tempo che radiografa una situazione e cerca una mediazione. Per questo parlavo di coraggio, di rivoluzione vera.
Chi ha coraggio vero e vuole una riforma vera, parte da questo.
Sfida tutti con un progetto alto, e se ne frega se un decaduto pluricondannato non è d’accordo.
E se quel decaduto plurindagato e pluricondannato è leader – ancora – di un partito politico, ci puoi anche parlare, ma non è certo da lui che devi dipendere. E se è ancora leader di un partito politico, il problema è del centro destra che ha quel leader, non il tuo, che sei segretario del partito democratico.
Restituire ai cittadini il diritto-dovere di scegliere, e non semplicemente mettere un’analfabetica crocetta su un pezzo di carta, significa che le primarie, per tutti, le imponi per legge. E se non le vuoi fare torni ai collegi, e se non si arriva al 51% allora ballottaggio successivo in quel collegio.
A quel punto rischi e ci metti la faccia, tu, il tuo partito, la selezione che hai fatto, ogni singolo candidato, territorio per territorio, e le persone se la giocano con te.
Perché poi sai chi quelle persone hanno eletto, e se è un criminale puoi anche prendertela con loro e rinfacciarglielo. Perché puoi avere – poi – la levatura morale di dire “io il potere di scelta te lo ho restituito, e tu hai scelto”.
A meno che non si è consapevoli che molti, anche in casa nostra e tua, i voti, le preferenze, il gradimento dei cittadini, non ce li hanno, e semmai quei territori e quei cittadini potrebbero volere qualcun altro.

Ed è solo così, con una Camera dei Deputati davvero autorevole e rappresentativa, che poi puoi abolire il Senato, trasformarlo in camera delle autonomie e dei territori.
Poi nel mentre, e certamente in una riduzione dei costi della politica, qualcuno mi spiegherà come – credibilmente – un sindaco, che ne so, di Napoli, Milano, Palermo, o un presidente di regione, che devono (è un dovere!) fare bene e al meglio e col massimo dell’impegno il proprio lavoro sui territori e in amministrazioni ben complesse e delicate, e che semmai ricoprono anche incarichi di partito, contemporaneamente possono stare a Roma, in Senato, che ne so, uno o due giorni a settimana?
Vabbè così per dire…

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p.s.
Il mio ragionamento parte da una riflessione: in questa società le persone non sono e non si sentono rappresentate dal vecchio modello di democrazia parlamentare. La società è globale, le istituzioni sono sovrannazionali, i luoghi di decisione non sono locali e le rappresentanze sono talmente dilatate (pensiamo anche solo al parlamento europeo – dove tutto il sud – con oltre 20milioni di abitanti – elegge 20 parlamentari). Soprattutto è un mondo meno locale nell'informazione, negli spostamenti, le persone non sono più il luogo in cui stanno...
È proprio il modello in sé che non funziona. Ma che dobbiamo adattare perchè è l'unico che abbiamo.
Quante meno cose mettiamo e lasciamo in mano ai cittadini – correndo il rischio che siano “imperfetti” - tanto più avremo un elettorato ristretto.

Se pensiamo opportunisticamente che sia un bene – come sostiene qualcuno, ritenendo che alla fine “votano solo i cittadini veramente informati e impegnati e consapevoli” - è un errore enorme, perchè ci ritroveremo che molte idee e istanze della società saranno assenti dalle assemblee legislative e l'unico luogo che avranno per esprimersi saranno le piazze....
Non sono le leggi che portano le persone al voto, ma sono i leader che coinvolgono, e sino a che non avremo davvero una classe dirigente degna di questo nome, le persone non saranno partecipi.

Per questo motivo ho detto, provocatoriamente, che il nodo è i collegi, con un solo nome per schieramento, senza miniliste o lunghe liste.
E per questo ho detto che la centralità – come ad esempio negli Stati Uniti – restano le primarie, davvero aperte, e per tutti inserite per legge.
Certo, poi i repubblicani ad esempio per le presidenziali votano in un modo e i democratici in un altro, e rispetto all'idea di politica e di partito è anche giusto che vi sia questa differenza, ma il processo di selezione dei candidati è e resta in mano ai cittadini e non ai partiti, e soprattutto è determinato dalla capacità di ciascun candidato di coinvolgere l'elettorato e stimolarlo. E anche l'astensione o la bassa affluenza diventa un dato politico reale.

Non tenere conto di queste cose, e non prenderne atto, solo per difendere – teoricamente – la bandiera politica di parte di questa o quella proposta solo perchè l'ha fatta tizio o caio, è miope, sterile, e decisamente poco innovativo e molto conservatore, ma nell'accezione peggiore del termine.

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D
Mi dispiace molto, ma non sono d'accordo sulle preferenze che sono pilotate dai capipartito e capipopolo che spesso sono collusi. Sarebbe invece un bene che i cittadini scegliessero i candidati con primarie aperte e con nominativi rigidamente selezionati dal partito con criteri rigidi. Poi, se decisionismo od accordi spuri possono far vincere e governare il PD, ben vengano
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